Elogio della sobrietà

E’ da poco passata la frenesia del natale con festeggiamenti di tutto: la vigilia, il natale, il giorno dopo, la fine e l’inizio dell’anno, l’epifania. Mi chiedo cosa resta di tutta questa operazione mediatica, dell’agitazione e delle aspettative che porta con sé. Tralascio naturalmente l’aspetto religioso che pure ancora vale per alcuni, sempre meno numerosi secondo me. Ogni volta mi stupisco nel vedere l’effetto prodotto da questa grande operazione commerciale che cerca disperatamente di aumentare i consumi in tempi che di allegro  hanno ben poco, pregni come sono di una crisi prima negata, poi sottovalutata, infine riconosciuta e recentemente giudicata persino “seria” dai nostri politici. Questa crisi, a noi ben familiare, invece, perché abbiamo orecchie per ascoltare e occhi per leggere le cronache locali, durerà ancora a lungo.

Ebbene, in una simile situazione come si riesce a spingere la gente a consumare di più? Si fa, si fa… Non so come ma l’euforia del natale convince tanti a modificare i propri comportamenti.

Supermercati affollati a tutte le ore  del giorno per settimane (se stai cucinando e ti manca un gambo di sedano sei perduto perché ad acquistarlo ci metterai il tempo normalmente impiegato a fare la spesa per tutta la settimana), aumenti di prezzo indiscriminati, soprattutto per gli alimenti più “gettonati” a cui  rinunciamo volentieri e poi le solite lamentele legate alla gran quantità di cibo ingurgitato e quasi “subìto”, interminabili cene con lontani parenti che mai si cercano durante l’anno, ma dei quali non si può fare a meno ora (da non perdere il ritratto al vetriolo di quel genio di Monicelli in Parenti serpenti).

E poi regali, regali, regali. Piccoli, grandi, non importa purché si possano esibire e testimoniare così il “pensiero”, come se un pensiero affettuoso per qualcuno che ci è caro si potesse degradare fino a prendere la forma di un oggetto di consumo, quasi sempre inutile e senza valore, nel senso che viene agito in fretta, sotto la spinta di un’impellente coazione allo scambio piuttosto che testimonianza di dedizione di tempo o energie per qualcuno.

Per tutti questi motivi il natale rinnova, anzi, rinforza in me il desiderio di sobrietà. La sobrietà è misura, scelta come strada di libertà, accurata ma non ansiosa ricerca di piaceri che tengono conto di una discrezione del vivere. Il desiderio di sobrietà si estende anche all’ambiente che in questo periodo diventa nelle nostre città inquinamento, sia acustico dovuto al maggiore traffico, sia visivo grazie alle luci sfacciate degli orribili addobbi natalizi.

Spesso sentivo parlare di corsa affannosa agli ultimi regali. Ecco, il periodo appena trascorso aumenta il mio desiderio di vivere in modo non affannoso, non competitivo ma capace di gustare il passare del tempo e le dimensioni degli spazi, di assaporare gli scambi. Per vivere con stile credo sia giusto essere sobri. Allo stesso tempo essere sobri non comporta rinunciare al gusto, anzi, ma coltivare una cultura dell’armonia, della bellezza e della qualità in modo coerente e, soprattutto, liberi dalle scadenze in calendario.

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Una risposta a Elogio della sobrietà

  1. Matteo scrive:

    Grazie Mariella per questo post e per questo blog.
    Io in questo Natale ho progettato un semenzaio da autocostruirmi per farmi le piantine e l’orto in vaso. Ho anche imparato a fabbricare le candele, riciclando quelle vecchie. Soprattutto ho ritrovato la magìa di una fiammella e del silenzio di una stanza rischiarata solo da quella, mentre la terra ricomincia pian piano ad aumentare la Vita, la Terra arresta la sua fuga dal Sole e decide che è tempo di tornare. Per me Natale è questo: luce nel buio e tempo di tornare alla vita in armonia con la Natura.

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