Nella tragica situazione politica italiana, oggi trovo conforto dal fondo del direttore de la Repubblica Ezio Mauro che riporto integralmente (l’evidenziazione è mia).
Dimissioni, subito
di Ezio Mauro
Manca soltanto un tripode con un catino pieno d’acqua – come per Ponzio Pilato – in cui lavarsi pubblicamente le mani sul piazzale del Viminale o della Farnesina: sarebbe l’ultimo atto, purtroppo coerente, della vergognosa figura in cui i ministri Alfano e Bonino hanno sprofondato l’Italia con il caso Ablyazov. La moglie e la figlia del dissidente kazako vengono espulse dall’Italia con una maxioperazione di polizia e rimpatriate a forza su un aereo privato per essere riconsegnate al pieno controllo e al sicuro ricatto di Nazarbaev. Un satrapo che dall’età sovietica, reprimendo il dissenso, guida quel Paese e le ricchezze oligarchiche del gas, che gli garantiscono amicizie e complicità interessate da parte dei più spregiudicati leader occidentali, con il putiniano Berlusconi naturalmente in prima fila.
Basterebbero questa sequenza e questo scenario per imbarazzare qualsiasi governo democratico e arrivare subito alla denuncia di una chiara responsabilità per quanto è avvenuto, con le inevitabili conseguenze. Ma c’è di più. Alfano, vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno, ha pubblicamente dichiarato che non sapeva nulla di una vicenda che ha coinvolto 40 uomini in assetto anti-sommossa, il dipartimento di Pubblica Sicurezza, la questura di Roma, il vertice – vacante – della polizia. Un ministro che non è a conoscenza di un’operazione del genere e non controlla le polizie è insieme responsabile di tutto e buono a nulla: deve dunque dimettersi.
C’è ancora di più. Come ha accertato Repubblica, l’operazione è partita da un contatto tra l’ambasciatore kazako a Roma e il capo di Gabinetto del Viminale che ha innescato l’operatività della polizia. Se Alfano era il regista del contatto, o se ne è stato informato, deve dimettersi perché tutto riporta a lui. Se davvero non sapeva, deve dimettersi perché evidentemente la sede è vacante, le burocrazie di sicurezza spadroneggiano ignorando i punti di crisi internazionale, il Paese non è garantito.
Quanto a Bonino, la sua storia è contro il suo presente. Se oggi fosse una semplice dirigente radicale, sempre mobilitata più di chiunque per i diritti umani e le minoranze oppresse, sarebbe già da giorni davanti all’ambasciata kazaka in un sit-in di protesta. Invece difende il “non sapevo” di un governo pilatesco. Parta almeno per il Kazakhstan, chiedendo che Alma e Alua siano restituite al Paese dove avevano scelto di tutelare la loro libertà, confidando nelle democrazie occidentali. E per superare la vergogna di quanto accaduto, porti la notizia – tardiva ma inevitabile – delle dimissioni di Alfano.
Enrico Letta: “Non vedo nubi, lui è estraneo”.
“Per avere menzogna occorre coscienza. L’inganno inconsapevole non è inganno. Ma anche la coscienza è un valore graduale, e gradualizzabile. Posso essere cosciente di mentire, ma fino a un certo punto: l’autopercezione della mia menzogna potrebbe essere vaga e incerta.” (Franca D’Agostini, Menzogna, Bollati Boringhieri, Torino 2012 (p. 58).
Dopo le scene penose di ieri, con le dichiarazioni rese ai due rami del Parlamento dal ministro dell’Interno Alfano, le cose non cambiano nella sostanza giuridica e politica: il Ministro deve dimettersi, come previsto dall’ Art. 95, comma 2, della Costituzione Italiana:
Quindi, in questo caso le dimissioni sono un obbligo della massima legge dello Stato e il Presidente della Repubblica dovrà garantire ciò. Naturalmente io dò per scontato che il Pd non permetterà che si arrivi a votare venerdì la mozione di sfiducia presentata da M5S e Sel.
Poi ognuno valuti gli altri aspetti, politici e morali, di tutta questa vicenda. A partire dalla ricostruzione della vicenda, dove le versioni non sono le stesse. Secondo Procaccini, il capo di gabinetto scaricato, il Ministro sapeva, anche prima (vedi quanto riportato dal Corriere della Sera).