C’è dunque solo l’alternativa tra crescita ed austerity, magari permanente, o no? Non c’è proprio nessun’altra via?
Non c’è nessun media di certe dimensioni che non scriva o non parli di crescita, anche – anzi soprattutto – quando si programma l’austerità, cioè la decrescita. Già, decrescita, perché questa è la parola. C’è chi la usa senza nasconderla, anzi esibendola. Per esempio quelli del Movimento della Decrescita Felice che hanno un’idea del tutto diversa sulle cause e sulla via d’uscita dalla crisi.
Se siete un po’ interessati ad uscire dal solito carosello potete leggere questo articolo: “Proposta di confronto su un progetto per superare la crisi, creare un’occupazione utile e dare un futuro ai giovani”, dove si affrontano questi temi (titoli dei paragrafi):
La crescita è la causa della crisi (potrebbe esserne la soluzione?).
Il debito è l’altra faccia della medaglia della crescita.
Le misure tradizionali di politica economica non funzionano più.
Inasprimento della lotta di classe dei ricchi contro i poveri.
Le posizioni neo-keynesiane.
Un’incredibile rimozione collettiva [l’ambiente].
Investire nelle tecnologie che riducono gli sprechi di energia e risorse naturali.
La decrescita selettiva della produzione di merci è alternativa sia all’austerità, sia al consumismo irresponsabile.
Una politica economica e industriale finalizzata alla decrescita selettiva della produzione di merci.
Il blocco di potere cementato dall’ideologia della crescita.
Una nuova cultura per una nuova alleanza sociale.
Avviare un confronto tra i potenziali sostenitori di un progetto politico finalizzato a superare la crisi mediante una decrescita selettiva della produzione di merci.
Leggendo questo articolo non è detto che vi troviate d’accordo su tutto, non lo sono neanch’io, ma avete letto senz’altro un’altra cosa che la solita liturgia.