Fresco di oggi, settimo di una serie di puntate su “I poltronifici”, l’articolo di Roberto Galullo su Il Sole 24 Ore dedicato alla prassi veneta (diciamo così) merita di essere riprodotto integralmente. I commenti sono superflui (il grassetto è mio).
Lotta spietata per le «careghe»
In Veneto anche chi è pensionato può aspirare a essere riassunto
L’ultimo sigillo del 2012 è stato apposto quando i veneti erano distratti dal veglione di Capodanno e i tappi del prosecco di Valdobbiadene erano pronti a saltare coprendo con il loro rumore sordo il crepitio dei fuochi d’artificio della politica. Il 31 dicembre due consulenze sono state infatti pubblicate sul sito della Regione che gli ha dato anche una numerazione progressiva: n. 187 e n.188. Distratti questa volta dalla Befana, i veneti non si sono forse accorti che il 2013 è iniziato come è finito il 2012: il 7 gennaio infatti sono arrivate quattro nomine fresche fresche per centinaia di migliaia di euro.
Se volete cercare la prima consulenza o il primo incarico di collaborazione messo in Rete dalla Regione Veneto, dovete tornare indietro nel tempo. Al 2008, allorché gli incarichi furono 444. Nel 2009 la Regione scese a 399, nel 2010 precipitò a 291 e nel 2011 si inchiodò a quota 186.
In cinque anni è stata attribuita a professionisti, università, società ed enti, una pioggia di incarichi che hanno spaziato dalla consulenza tecnico-scientifica specialistica sulla pianificazione territoriale funzionale (la prima visibile sul sito, il 22 aprile 2008, per un importo di 24.885, 83 euro erogato a un professore universitario) alla gestione sostenibile delle risorse del mare Adriatico (le ultime del 2012 per complessivi 53.030 euro finanziati dalla Ue). In mezzo un mondo di incarichi milionari: 1.512, praticamente al ritmo di uno ogni 29 ore o giù di lì. A quelle della Giunta si sommano le consulenze del consiglio: 130 dal 2007 a oggi.
Con una ragnatela così estesa di nomine esterne alla Regione, del tutto legittime per carità di Dio, tutto farebbe pensare che le risorse interne siano carenti di agenzie, società partecipate, enti e istituzioni con uomini e dirigenti in grado di far camminare progetti e idee. Nulla di più sbagliato. Se la Regione Veneto concorre al record mondiale di consulenze, è molto ben posizionata anche nella speciale classifica internazionale di poltrone nelle Ulss (che sono 22 più due aziende ospedaliere), commissioni (sette), comitati regionali (due), organismi partecipati (due), osservatori regionali (20 oltre a quello interregionale) ma soprattutto enti (ne ha 20, direttamente o tramite Veneto Sviluppo spa, che spaziano dalla sanità alla polizia locale). L’Arpav (Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale) è commissariata: sotto esame la gestione dal 2000 in poi.
Insomma, un caleidoscopio di organismi che entrano direttamente nella vita economica della regione, al centro del quale girano centinaia di poltrone legate spesso alla fedeltà politica che dal 1995 ha un sola etichetta (centrodestra tendenza Lega). In 17 enti il Sole-24 Ore ha contato 43 tra presidenti, vicepresidenti e consiglieri con indennità annue lorde che oscillano da 3.300 euro a 152mila euro all’anno anche se c’è chi non prende nulla per ricoprire l’incarico a testimonianza che o lo fa per spirito di servizio o lo fa per vantaggi indiretti.
Tra le poltrone calamita la curiosità quella di Luigino Tremonti, cugino del più noto Giulio. Dall’11 giugno 2011 è amministratore unico delle Terme di Recoaro ma soprattutto amministratore unico, dal 20 maggio dello stesso anno, della Società veneziana edilizia Canalgrande spa. Il 21 settembre 2011 il consigliere Diego Bottacin (Verso Nord) presentò in consiglio un’interrogazione a risposta immediata chiedendo papale papale: «Di cosa si occupa la Società Veneziana Edilizia Canalgrande Spa? Qual è il suo capitale sociale? Quanto costa il suo funzionamento? Come è stato scelto Tremonti?».
La risposta – alla faccia dell’immediatezza – è giunta il 5 marzo 2012 per bocca dell’assessore al Bilancio Roberto Ciambetti (Lega Nord): il futuro della società è «nell’avvio di un percorso di accorpamento delle società a partecipazione regionale operanti nel settore immobiliare, individuando la Società veneziana edilizia Canalgrande Spa, quale soggetto capofila dell’operazione». Unico cambiamento? A quanto pare sì, perché la Regione è fiera di una società che detiene il 35% del capitale sociale della società Ski college spa, costituita nel 1996 «per concorrere alla gestione economica della scuola-convitto per atleti in discipline sportive invernali, aggregata all’Ipssar di Falcade (Belluno), per conciliare la frequentazione scolastica all’attività sportiva agonistica e non, contribuendo alla crescita ed ammodernamento dell’offerta turistica del territorio». Una presenza fondamentale per una società immobiliare. Quanto a Tremonti, beh, la scelta era obbligata, ha spiegato Ciambetti, visto che «è in possesso di una decennale esperienza nella gestione di immobili maturata come presidente dell’Ater di Belluno».
Il punto è che in Veneto sono moltissimi a non capire a cosa serva quel corposo pacchetto di enti, istituzioni e società, quali siano i criteri di nomina (fedeltà politica a parte in particolare in quota Galan e Zaia, ex Governatore e Presidente in carica) e a cosa serva tenerle in piedi. Mai come in Veneto, un consiglio regionale è bombardato da interrogazioni su questi temi: basta scorrere decine e decine di verbali degli ultimi due anni. E’ facile pescare nel mazzo magari partendo da polemiche recenti. Ad esempio quella del consigliere Antonino Pipitone (Idv) che il 14 febbraio 2012 ha chiesto quanti fossero «i funzionari e dirigenti eccellenti della Regione, delle Ulss e degli enti strumentali regionali andati in pensione e poi riassunti a stretto giro di posta, nello stesso ruolo e con le stesse funzioni o in ruoli e funzioni similari». Ancora nessuno gli ha risposto.
Peschiamo ancora nel mazzo. Il 19 maggio 2011 il consigliere Stefano Valdegamberi (Udc) ha presentato un’interrogazione a risposta immediata chiedendo: «E’vero che sono stati assunti all’aeroporto Catullo di Villafranca di Verona familiari diretti ed amici del rappresentante della Regione nel consiglio di amministrazione? Risposta del solito Ciambetti: «Tra i soci della società aeroportuale figura la Veneto Sviluppo spa. la quale possiede lo 0,187% del capitale sociale. Considerata l’assoluta esiguità della suddetta partecipazione, alla Finanziaria regionale non compete il diritto di nominare alcun componente nel consiglio d’amministrazione dell’Aeroporto Valerio Catullo, talché Veneto Sviluppo non ha mai avuto propri rappresentanti in seno agli organi sociali della partecipata. Pertanto, la Regione del Veneto non possiede alcun potere di nomina/designazione né diretta, né tantomeno indiretta nella suddetta Società». Proprio su Veneto Sviluppo, la finanziaria detenuta al 51% dalla Regione che ha chiuso il bilancio 2011 con un disavanzo di 3,5 milioni e che in portafoglio conta una trentina di partecipazioni (comprese quelle di compagnie aeree poi fallite e autodromi in perdita di esercizio, testimoniando forse così inconsciamente l’amore per il brivido), si sono abbattute negli ultimi anni decine di interrogazione e interpellanze.
La replica di Valdegamberi è stata furiosa: «Nell’aeroporto Catullo di Villafranca di Verona, ente a partecipazione pubblica, c’è stato qualche amministratore che ha detto che si ritagliano i posti di assunzione tra i partiti come scambiarsi le figurine: “tocca a me, tocca a te, questa è mia, questa è tua”. Ci sono cose veramente allucinanti dietro l’utilizzo del denaro pubblico». Forse, dietro c’è solo quello che, con un’altra interrogazione, il consigliere Pietrangelo Pettenò (Prc) ha denunciato il 4 luglio 2011 sempre a proposito di Veneto Sviluppo: «Altro che crisi: qui si lotta per le careghe». Per chi non mastica il dialetto veneto, ci si scanna per le poltrone.