Jacopo Fo e la crisi italiana: impariamo a nuotare

L’Italia affonda. Forse è meglio procurarsi qualche salvagente.

Ha causato scandalo Di Pietro dichiarando che siamo sull’orlo di una rivolta sociale che rischia di lasciare per terra dei morti.
Ma non credo possiamo aspettarci molto di meglio di una disastrosa macelleria sociale che esaspererà gli animi dando fiato ai fautori di azioni violente…

Lunedì sera Gad Lerner, che conosco come persona assennata fin da quando a 17 anni attraversammo insieme l’Europa, da Milano al lago di Lochness, ha radunato nello studio dell’Infedele un gruppo di stimati economisti. I quali erano tutti sostanzialmente d’accordo sul fatto che l’Italia per pagare gli interessi sul debito dello Stato al 6%, dovrebbe avere un ritmo di crescita del 6%. Visto che il ritmo di crescita sta sotto l’1% non abbiamo nessuna credibile possibilità di evitare la bancarotta.
Inoltre il nostro debito è talmente grande (2 mila miliardi di euro) che nessuna nazione e neanche l’Unione Europea, è in grado di salvarci.
Un conto è prestare 100 miliardi alla Grecia, un conto è sborsarne 20 volte tanto. Abbiamo quasi 2mila miliardi di euro di debito, 4 milioni di miliardi di lire.

A questo punto le strade sono 2.
Potremmo trovare finalmente la forza di tagliare lo spreco, la corruzione e l’evasione fiscale. Come in molti stiamo da tempo ripetendo che l’Italia butta via centinaia di miliardi di euro ogni anno. Un recupero del 10% annuo di questo fiume di denaro ci salverebbe. Ma a quanto pare la Casta è completamente incapace di gestire un sostanziale cambiamento. Oggi nessuna forza politica è arrivata al traguardo minimo di proporre un pacchetto di interventi che incidano veramente sullo spreco e l’inefficienza.
Il massimo della di sinistra è stato proporre timidi piani contro l’evasione fiscale. E non c’è la determinazione a colpire corrotti e tagliare i costi della politica.

Potremmo fare la scelta Islandese. Lerner ha trasmesso un’intervista a Hordur Torfason, che colà ha guidato la rivolta civile.
Torfason, sessantacinquenne asciutto e determinato, ha spiegato che non serve un economista per capire che il debito nasce da una classe politica irresponsabile che ha agito con la complicità di banche e istituti di rating. Quello che hanno fatto gli islandesi è stato dichiararsi vittime di una rapina messa a punto da gruppi nazionali e internazionali di furbacchioni.
E i 300mila islandesi hanno votato quasi all’unanimità di considerare illegale il debito contratto dai governanti all’insaputa dei cittadini e ai loro danni: il popolo islandese non si considera responsabile di questo debito e chi lo voglia incassare deve rivolgersi ai truffatori che lo hanno contratto in modo illegale.
Cioè a dire che i creditori non possono far finta di niente e devono prendersi la loro fetta di responsabilità. Quindi gli islandesi si sono rifiutati di pagare i debiti dello stato.

Ma sinceramente non credo che oggi ci sia la possibilità di imporre una simile scelta in Italia… Da una parte non è così facile svincolarsi dall’euro (rischierebbe di essere per noi molto peggio della crisi attuale) dall’altra non mi sembra proprio che ci sia all’orizzonte un Hordur Torfason italico.
E a dirla tutta non vedo proprio qualcuno capace in questo momento neppure di imporre a questa Casta di irresponsabili una serie di riforme vere che puntino all’efficienza dello stato.

Il problema dell’Italia è che è prigioniera di una serie di bande, complotti e controcomplotti, che si annullano e si sovrappongono portando all’immobilità del sistema.

Che ci resta?
Niente.
Il panorama è una merda secca e puzzolente.
E’ una buona ragione per deprimerci, avvilirci e farci prendere dal panico?
Certo. Questa è un’occasione ottima per perdere ogni fiducia in un futuro migliore per l’umanità. Probabilmente non vivrai nella tua vita un altro momento storico altrettanto favorevole a un crollo emotivo e allo scoramento sociale.
E se crolli in lacrime possiamo solo comprenderti ed essere solidali con te.
Ma visto che noi siamo stati forgiati con acciaio al vanadio e le emorroidi rivoluzionarie non ci consentono di star fermi in poltrona a guardare lo sfacelo, abbiamo tutta l’intenzione di batterci fino all’ultimo per arginare la devastazione delle classi lavoratrici.

E siamo addirittura pacatamente ottimisti: da questo disastro potrebbe perfino uscire anche qualche cosa di buono. La lezione di Napoli ci insegna che gli italiani, quando si arriva a battere il sedere per terra, sono capaci di reagire… E disconoscere i partiti tradizionali (e addirittura mettersi a fare la raccolta differenziata direttamente, arrivando ad affittare in proprio magazzini, per realizzarla).

Quindi seguiamo il poco buon senso che ci valorizza e ci mettiamo a lavorare per approntare le barelle per salvare almeno qualcuna delle vittime della macelleria sociale. E speriamo che altri, altrove, stiano lavorando nella stessa direzione.
Mai come in questo momento mi sembrano prioritari i metodi del commercio equo, dei gruppi di acquisto, delle banche del tempo e dei circuiti del riuso e del baratto.
La lezione argentina ci insegna che quando uno stato fa bancarotta e il sistema crolla l’unico strumento del popolo per difendere la propria sopravvivenza materiale è organizzare un’economia alternativa.
Questo è l’unico settore di iniziativa dal quale possiamo trarre risultati. Il terreno più utile da battere.

Per questo Alcatraz in questo momento sta intensificando le iniziative di economia etica. Stiamo organizzando un grande mercato dell’usato qui a Perugia, a Ponte San Giovanni, in collaborazione con il Tavolo della Pace, il Sel e altri gruppi.
E visto che nei momenti di crisi la professionalità può fare la differenza stiamo progettando a breve una serie di corsi per disoccupati che mirano allo sviluppo delle capacità di autoimpresa nel settore delle ecotecnologie, della comunicazione e del benessere.
E stiamo premendo l’acceleratore sul progetto Ecovillaggio Solare… A giorni apriremo il cantiere per le prime 17 abitazioni.

Sul fronte della comunicazione è in uscita Il Male, in edicola, il 5 ottobre, sarà un’altra occasione per sviluppare qui ad Alcatraz laboratori creativi, una specie di sub-redazione periferica del settimanale (dal 3 al 9 ottobre il primo laboratorio). Cerchiamo in particolare disegnatori capaci di produrre pitture realistiche. Il laboratorio verrà trasmesso in diretta su www.alcatraz.it.
Proprio perché la situazione è grave vorremmo trasformare Alcatraz in un laboratorio permanente di comunicazione e satira. Come al solito pensiamo che il comico sia lo strumento culturale più potente che abbiamo a disposizione.

Jacopo Fo

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Una risposta a Jacopo Fo e la crisi italiana: impariamo a nuotare

  1. Manuzio scrive:

    Noi italiani stiamo vivendo una tragedia, meno male che abbiamo dei buoni comici che ci aiutano a capire la situazione e quindi ad uscirne. (Comunque, con quelli al governo è una bella gara.)

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