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L’Italia, una repubblica incostituzionale

15 dicembre 2012
Pubblicato da Patrizia Daneluzzo

Una riflessione sul lavoro degli italiani

Propongo di dichiarare l’Italia anticostituzionale. Perché se è vero che, negli ultimi anni, l’unica cosa che pare fermare anche il politico più ardito (o più indecente) è il sospetto o l’accusa di provvedimenti dichiarati anticostituzionali dal Presidente della Repubblica o dalla Corte Costituzionale, è altrettanto vero che c’è un principio della nostra Costituzione che viene da anni leso o disatteso e nessuno dice niente, né tantomeno pensa di dimettersi per manifesta condotta anticostituzionale.

Mi riferisco al primo articolo, il fondamento della nostra Carta Costituzionale: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.” Mi è capitato spesso di pensare a questa scelta che i padri (e le madri) costituenti hanno fatto all’epoca. In fondo erano molte le cose su cui si poteva decidere di fondare la Repubblica italiana. Invece no: il lavoro.

Occupandomi di Pari Opportunità di genere ho sempre ritenuto, ad esempio, che fosse ingiusto fondare uno Stato su un principio a cui metà della popolazione (quella femminile) non ha pari opportunità di accesso e di carriera rispetto alla metà più fortunata. Come dire che l’Italia non è un Paese per donne, visto che il suo stesso principio fondante è, nella pratica, fortemente discriminatorio nei confronti di una fetta così larga della sua popolazione.

Tuttavia oggi il problema del lavoro e dell’accesso al lavoro non si pone solo per le donne, ma anche per buona parte della popolazione giovanile e, piĂą che in ogni altro periodo storico o precedente crisi economica, anche per gli uomini. E questo dovrebbe spingere tutti a ragionare sull’incostituzionalitĂ  della situazione a cui siamo arrivati. Soprattutto tenendo conto che poi, all’Art. 4, la nostra Costituzione stabilisce ancora piĂą precisamente che “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilitĂ  e la propria scelta, un’attivitĂ  o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della societĂ .” 

Invece, secondo i dati di Veneto Lavoro, dal 2008 al 2010 in Veneto c’è stato un calo di 80 mila occupati; il numero di occupati negli ultimi tre trimestri risulta sostanzialmente stabile, “segnalando l’esaurirsi della fase di parziale recupero occupazionale iniziata sul finire del 2010”; nel contempo i disoccupati sono cresciuti prepotentemente, salendo, nello stesso periodo, da 100 mila a 160 mila unità.

Quindi sono 160 mila le persone che oggi in Veneto cercano attivamente lavoro senza riuscire a trovarlo: uomini; giovani che hanno finito gli studi, ma che, a causa dell’ingessamento dei pensionamenti, non trovano spazio nel mondo del lavoro; donne che, anche a causa del diminuito reddito familiare (provocato della caduta degli straordinari o del ricorso alla CIG) non possono più permettersi di stare a casa, neanche volendo.

Nel frattempo sono aumentate, rispetto al 2011, le imprese che hanno annunciato l’avvio delle procedure di crisi e il numero di lavoratori coinvolti è tornato sui livelli segnati nel periodo 2008-2010; le ore di CIG autorizzate segnano un aumento di circa il 10% rispetto al 2011 (70,2 milioni contro 64,0 milioni); l’incremento dei licenziamenti individuali ha compensato la riduzione di quelli collettivi; e nel trimestre ottobre-dicembre 2012 cesseranno i trattamenti di sostegno al reddito per i dipendenti in CIGS di 178 imprese.

Quindi l’Italia è una repubblica anticostituzionale, è l’antitesi di se stessa. Perché, anche se la situazione è esplosa in questi ultimi anni, è vero che le sue premesse sono state gettate in tanti anni di scelte politiche ed economiche che non hanno tenuto conto del primo articolo della Costituzione.

Quando il potere economico prevale sui meccanismi di protezione sociale che dovrebbero garantire il diritto al lavoro; o quando la finanza e gli interessi degli investitori prevalgono sull’economia reale e gli interessi dei lavoratori, l’Italia diventa una repubblica basata sulla speculazione. Quando il salario dei lavoratori rimane sostanzialmente invariato per anni, mentre continuano ad alzarsi i compensi per i vertici aziendali; o quanto la forbice tra (pochi) ricchi e (molti) poveri continua a crescere, l’Italia diventa una repubblica basata sul patrimonio. Quando le aziende continuano a essere tassate non in base alle materie prime (scarse) che consumano e all’ambiente che distruggono, ma in base alle risorse umane (abbondanti) che assumono; o quando i nuovi occupati sono in stragrande maggioranza lavoratori parasubordinati, atipici, interinali, a progetto, l’Italia diventa una repubblica basata sul precariato. Quando un lavoratore non è più in grado di permettersi quanto gli serve per vivere decentemente; o quando una fascia sempre più larga di famiglie scivola dalla condizione di “ceto medio” a quella di famiglia a basso reddito, garantito a forza e a fatica dagli ammortizzatori sociali, l’Italia diventa una repubblica basata sull’assistenza.

Cerchiamo rimedi significativi e concreti per garantire il diritto al lavoro o cambiamo la Costituzione? Di certo non si può più far finta di rispettarla.

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