Graziano Gozzo (1953-2017)

Alla vigilia di Pasqua, mentre stavamo preparandoci a godere la festa più bella dell’anno, è scomparso il nostro concittadino Graziano Gozzo. L’ha fatto a modo suo, silenziosamente. Mercoledì però l’abbiamo salutato in tanti, laicamente, nel cimitero della sua Concordia, a dimostrazione che il suo rapporto con la gente era vasto e radicato. Nel commiato è stato ben ricordato il suo forte legame con la famiglia e il suo lungo ed appassionato passato di musicista, un vero leader di band locali, una faccia che non ho conosciuto.

Perché io tutto sommato lo conoscevo poco, anche se lo vedevo praticamente tutti i giorni. Il suo laboratorio e negozio in via Cavour è quasi all’angolo con calle Pescatori, dove abito, ed era normale incrociarlo e salutarlo davanti il negozio o attraverso la porta aperta, almeno una volta al giorno. Era, almeno con me, di poche parole, ma queste avevano dentro sempre qualcosa di non banale e sopra, sovente, una risatina. Ma io non sono un appassionato di pittura, conosco alcuni pittori storici più per il valore culturale delle loro opere che per curiosità tecnica e non seguivo il suo lavoro. Però, mettendo insieme in questi giorni le caratteristiche a me note di Graziano, ho capito che la sobrietà e lo spirito gentile in lui erano fusi con la creatività ed il rigore. Sì, rigore, perché era un artista che non faceva qualcosa solo per vendere e lo faceva con un atteggiamento che definirei filologico. E anche fisicamente era più rinascimentale che postmoderno.

Basta guardare sul suo sito, così bello e così efficace nel descriverne le sue attività, da cui emergono i due prodotti delle sue mani: i modelli di barche veneziane ed i ritratti di cani. Se i primi ci testimoniano il rigore analitico e l’esecutiva precisione tecnica, i secondi forse ci danno l’idea della straordinaria empatia che Graziano aveva con questi animali. Le sue infatti non erano fotografie, ma ritratti, quei dipinti con cui si colgono i tratti non solo esteriori e superficiali di una personalità.

Così, pensandoci bene in queste ore, ho capito che Graziano semplicemente vedeva cose che non tutti vediamo e ci rideva sopra, perché era un vero artista, ma spiritoso e sobrio, non volgare e gaudente come tanta parte dei suoi sedicenti colleghi. E a me, per quanto conta, la sua scomparsa lascia un buco fisico, perché condivido con lui il fatto che mi devo accontentare della sua memoria e di rivederlo, sì, ma solo nella mia mente.

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