Elezioni. Lo scacco matto di una generazione

Il risultato più forte della storia elettorale italiana, ma non solo, se è vero che neanche in Europa è mai successo che un partito prenda all’esordio oltre il 25% dei voti, non è affato sorprendente, non per me. I dati principali sono questi:

1) La grande affermazione del M5S, primo partito alla Camera;
2) La non-vittoria del Pd e alleati;
3) Il ritorno della sinistra in parlamento con Sel, ma non con Rivoluzione Civile, miseramente fallita;
4) Il rush finale del pur perdente Pdl;
5) La débâcle della Lega (mitigata dalle regionali lombarde);
6) Il sostanziale fallimento della lista Monti.

Farò un tentativo di analisi dei dati in un articolo sulla pagina principale di LCF, qui mi preme evidenziare che gli spostamenti sono stati enormi, come gli errori e le miserie, il voto ha un chiarissimo significato politico che il suo esito nei difficili equilibri parlamentari non può oscurare.

Il successo del M5S è un voto con due indicazioni intrecciate tra loro. Una è contro le politiche governative del governo Monti e dei suoi alleati nell’Europa dell’austerità e della finanza dominante. L’altra è contro almeno due decenni di politica italiana, dei partiti italiani, di destra e di sinistra. E’ dunque essenzialmente un voto contro.

Ma è un voto anche generazionale. Grazie al M5S infatti è diventata protagonista una fascia di candidati, quindi anche di elettori, che cerca di gestire il proprio futuro senza mediazioni, direttamente. Non sono tutti degli sfigati, anzi. E credo che questo sia un dato forte e positivo. Non credo invece che i tradizionali politici siano in grado di discutere con questi nuovi protagonisti e vedo profilarsi soprattutto conflitti.

E’ la società civile che si presenta senza le tradizionali mediazioni culturali, in piena autonomia e senza alcun vincolo alle regole storiche. Non c’è la critica del pensiero economico dominante, il liberismo dilagante nel trentennio. Non c’è la critica della democrazia rappresentativa, ridotta in Italia a misero espediente. Non c’è la definizione di una nuova forma partecipativa, poiché le votazioni online senza discussione svuotano tutto, ma solo la volontà di incidere e risolvere singoli punti, considerati cruciali. Non c’è una battaglie delle idee, la ricerca di alleanze, ma solo pragmatismo, in un quadro culturale neanche affrontato.

Tuttavia non penso che quest’impostazione, la mancanza di riferimenti culturali storici, sia necessariamente perdente. Credo piuttosto che ci saranno grossi conflitti tra il M5S e tutti gli altri, istituzioni comprese. Ma il conflitto, la dialettica tra parti molto distanti, è l’unica maniera per aprire nuovi varchi verso un futuro che non si immaginava più diverso da troppo tempo. Appunto una generazione.

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